COMPAGNIA SCHERIANIMANDELLI/TEATROalleCOLONNE

                           

ANOTHER DEAD MAN WALKING con il culo sulla sedia elettrica

di e con

Paolo Scheriani

regia

Nicoletta Mandelli

 

Reduce dal successo al Fringe Festival di Edimburgo dello scorso Agosto dove ha conquistato 4 stelle su cinque sul prestigioso sito FringeGuru, Paolo Scheriani ripropone questa stagione il suo monologo più rappresentato nell’arco di 15 anni [LEGGI LA RECENSIONE DI RICHARD STAMP] Lo spettacolo, scritto da Paolo Scheriani e patrocinato da Amnesty International, fu prodotto nel 1999 e da allora è diventato un classico del repertorio della Compagnia. Fu lo stesso Giuliano Pisapia (attuale sindaco di Milano) a volere lo spettacolo come apertura di serate di dibattito sul tema della pena di morte.

 

Uno spettacolo che non permette di dimenticare le contraddizioni di una società civile e democratica che, nel nuovo millennio lungo la scia del progresso, ancora si ferma domandandosi E’ giusta la pena di morte?”. La storia ci ha insegnato il rispetto della legge, il valore dei diritti umani e grandi esempi ci sono testimoni; come mai ancora non bastano per capire e per compiere davvero un grande progresso civile?

 

“Dicono che esiste un meccanismo di grande precisione che permette di misurare il tempo di vita che viene negato ai condannati, calcolato in secondi, minuti, ore, giorni, anni, eoni. Lo chiamano il meccanismo dell’ombra.” Il meccanismo dell’ombra (con il culo sulla sedia elettrica), dà voce  alle ultime parole di un uomo prima di morire. Prima di essere ucciso. Non uno sfogo prima di morire ma una vita prima della morte. Lucida analisi, ricordi, frustrazioni, rabbia, compassione, impotenza, respiro. Voglia di respirare e svuotare i polmoni come mai si è fatto prima.

 

È tutto pronto, manca poco più di un’ora all’esecuzione. I parenti della vittima, i giornalisti, l’avvocato difensore e poche altre persone aspettano di poter entrare nella saletta e attraverso un vetro assistere così ad un omicidio. Queste sono le ultime parole di un uomo prima di morire. Queste sono le parole che tutti noi vorremmo non sentire. Questa è la vita di un uomo che si è fatta più corta della sua ombra. Dopo le sue parole tutto si svolgerà con estrema precisione e pulizia. Lo spettacolo della morte si compie ed è difficile augurare buon divertimento.

 

Lo spettacolo è prima di tutto una testimonianza. Durante il resoconto della propria vita offerto dal condannato si alternano momenti polemici a momenti poetici. L’uomo a cui mancano pochi istanti alla morte non cerca di discolparsi –Io ho ucciso, lo ripete chiaramente due volte –, ma cerca di spiegare che non c’è differenza tra un presunto colpevole e un presunto innocente di fronte alla sacralità della vita. Non è sufficiente sapere quello che ho fatto, dovete sapere quello che sono e così il suo racconto si snoda tra i ricordi di un’infanzia infelice, di una madre perduta e di un padre- padrone. Il condannato cerca più volte di interagire con gli spettatori – che vede attraverso un vetro immaginario – venuti apposta per assistere alla sua esecuzione sulla sedia elettrica. E davanti a loro non prova vergogna a mostrare tutta la sua paura: Io non voglio morire. Ho paura. Io sono un uomo come voi. Sarà l’urlo del condannato che muore, come carne da macello abbrustolita dalla corrente elettrica, a chiudere lo spettacolo, non prima però di aver consegnato all’aria l’ultima frase del morente: “Io sono un uomo libero”.

 

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